Quando vivevo a Bologna, il segnale era dato dalla Galleria di via Farini. Prima le grandi colonne di rami d’abete, poi le luci, infine la musica in filodiffusione.
A Londra erano le decorazioni luminose per tutta Oxford Street pronte già a metà ottobre, decisamente più per gli occhi dei turisti che per i veri londoners.
La mia parte bambina vuole credere che sia tutto un grande tentativo di ogni città di rendersi più accogliente durante i mesi di nebbia a venire. Che sia, insomma, un gesto di amore gratuito e incoraggiamento quasi materno. Anche perché, facendo buio prima, ce n’è tanto bisogno.
La mia parte adulta, invece, insiste nel ricordarmi che è tutta una strategia commerciale: prima instilli nel cliente l’idea che dovrà acquistare le decorazioni per l’albero, la ghirlanda per l’ingresso, i regali per i nipotini e un vestito nuovo per il party dell’ufficio, meglio è. Quindi le vetrine fanno a gara per illuminarsi, ammiccando dietro ghirlande bellissime. Anche perché, facendo buio prima, si notano di più.
photo credits: Alisa Anton
Sarà anche così, ma è una strategia che funziona benissimo: ci sono venti gradi ma io mi sto già godendo la mia cioccolata calda da asporto mentre passeggio sotto file e file di luci.
Ho bisogno di quella minigonna di velluto? Probabilmente no, ma posso considerarla un autoregalo in anticipo, mi dico mentre entro nel negozio.
Forse la città italiana che dà il meglio di sé in fatto di illuminazioni è Torino. È quasi tempo delle Luci d’Artista, che da vent’anni rischiarano le passeggiate serali e i rientri a casa di migliaia di persone, senza intenti commerciali - a riprova che le luci per le strade sono lì per far bene un po’ a tutti.
photo credits: Annie Spratt
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